Giorno di viaggio 71
16/8/16
Come volevasi dimostrare oggi dobbiamo
lasciare la città per la minaccia di pioggia.
Di mattina andiamo però prima a
visitare a piedi il vicinissimo Monastero Gandantegchinlen, il più grande
centro buddista della Mongolia, dove in una delle cappelle si eleva una statua
di Buddha alta 26 metri.
Visitiamo il bel complesso dagli interni decorati con
vivacissimi colori ed assistiamo alle preghiere dei monaci che parlano
velocissimo e tutti con lo stesso tono grave, tanto che le parole non si
distinguono e sembra di ascoltare strumenti a fiato.
Al ritorno in albergo ovviamente piove e
ci tocca aspettare che scarichi per lasciare la città, con una breve tappa in
uno showroom di moto Ktm per comprare il ‘rarissimo’ olio motore da moto,
introvabile fino ad oggi da quando facemmo ingresso in Mongolia. Teo ne aveva
portato un po’ dalla Russia perché il Transalp stava ormai andando a miscela: 1
litro di olio ogni 1000 km.
Erdene Somon |
Ritroviamo gli spazi ampi e deserti punteggiati ogni tanto da bestiame e gher.
Non facciamo grandi distanze, dopo 150 km ci allontaniamo dall’asfalto per cercarci un posto dove campeggiare.
E’ ancora chiaro ma siamo stanchi, alla fine non si è riposato un gran che in città (e sui letti di pietra), e tornare sull’asfalto monotono fa venir ancora più sonnolenza.
Controlliamo la mappa, abbiamo deciso di entrare in Russia dalla parte più a est della Mongolia e avremo un migliaio di km da fare, un paio di giorni di asfalto ancora e forse potremo prendere qualche deviazione su terra per variare un po’.
Camping nel nulla |
Giorno di viaggio 72
17/8/16
Monumento sciamano |
Di notte ha piovuto e la mattina è
freschetta. Partiamo con relativa calma per farci i nostri 300 km pensati per
oggi cosicché potremo fare un po’ di sterrati l’indomani ma senza correre. Incontriamo un installazione sciamana particolarmente suggestiva che ricorda teste impalate su picche.
Chilometri di terrain ondulè (terreno ondulato) |
Dopo
il paese di Ondor Haan, dove ci fermiamo per un caffè pomeridiano, scopriamo che non c’è più asfalto e iniziamo a percorrere una pista semi-battuta
ormai ridotta a un terrain-ondulè che ci fa saltellare in continuazione.
Bisogna andare a velocità sostenuta per
non sentire i rimbalzi, ma ecco che in un normalissimo tratto del tipo percorso
centomila volte accade il peggio: prendo una buca particolarmente profonda a
velocità elevata (anche se a me non sembrava, ma dice Teo di avermi vista
volare sopra la buca), atterro e sento la sella della moto impennarsi mentre il
retro diventa molle.
Il telaio spezzato |
Ci fermiamo subito e tiriamo via i
bagagli per accedere agli attacchi della sella, con un brutto presentimento.
Quando asportiamo i fianchetti già vediamo l’orrore…! Il telaio è spezzato di
netto, in quattro punti, i due che reggono il codino e i due rinforzi che
scaricano più in basso, in diagonale.
Rimaniamo impietriti e ci guardiamo per
un attimo basiti, mi passano varie emozioni per la testa: il timore che sia
finita qui, l’incredulità, la rabbia.
Torniamo razionali, c’è da pensare a come
arrivare alla città più vicina. Andare avanti è impossibile, ci sono 200 km per
il prossimo villaggio vero, dietro di noi ci sono 40 km per la cittadina di
Ondor Haan ma siamo in un tratto dove non passano molte auto e a noi serve
aiuto col trasporto. Teo inizia a legare assieme il codino alla moto con le
cinghie. Se guidassi in piedi potrei arrivare in moto ma il problema sono i
bagagli, Teo è troppo carico per prendersi anche i miei.
La faccia della disperazione! |
Proviamo un altro
piano: Teo inizia una ricognizione di un paio di km di raggio per raggiungere
le uniche gher in vista ma in un accampamento trova un carro non funzionante e
in un altro trova un carro ma non il proprietario. Tornato indietro a mani
vuote, pensiamo dapprima di nascondere i bagagli sotto terra e segnarci il
punto GPS per ritrovarli in seguito così da poter andare in città con le moto
leggere, poi pensiamo di fare campo e aspettare l’indomani sperando in qualche
passaggio di auto, quand’ecco che sopraggiunge una motoretta con due abitanti
locali che subito scendono per gesticolare attorno alla mia moto con
suggerimenti ingegneristici. Tentiamo di spiegargli che ci occorre un mezzo per
trasportare le cose o la moto e le cose ma scuotono la testa. Ci fanno dei
gesti che interpretiamo come “vado a portare lui – indicando il passeggero – e
torno” ma poi scompaiono senza tornare.
Intanto io mi sfogo con pianti e moti
di stizza, la colpa che pesa per aver fatto una cazzata che costa,
prendendomela anche con Teo per i suoi “te l’avevo detto”, che ora mi suonano
inopportuni e taglienti. Mentre asciugo il moccio arrivano due a cavallo, forse
avvisati dai due in moto e capiamo dai gesti che è il proprietario del furgone
della gher vicino, che poco prima era assente. Ci propone l’affare economico,
ci porterebbe per 200.000T che sono 83 euro suppergiù.
Il TTE sul furgone bestiame |
Accettiamo, contando che
sono 40 km avanti e indietro per lui, con quel mezzo che farà si e no 6 al
litro, non sembra che per lui sia un grande affare mentre per noi è una bella
salvezza. Stretta di mano e ripartono al galoppo. Torna dopo mezzoretta con un
mezzo cigolante.
Il "salvatore" mongolo nell'unica foto che sono riuscita a scattare |
Carichiamo la moto con un asse, la fissiamo ai parapetti (è un
carro bestiame) e via di nuovo a ritroso sulla pista percorsa poco prima. Teo
ci segue in moto. Io tento la conversazione ma non è un tipo internazionale e
non troviamo una lingua in comune, se non che mi mostra tutto felice di avere un
account facebook così possiamo essere “amici virtuali”. Si fa buio in fretta e
in quasi 2 ore arriviamo alla cittadina di Ondor Haan in tempo per trovare
un’officina ancora aperta e parcheggiarci dentro le moto.
Il nostro
trasportatore ci aiuta a spiegare il problema e ci accordiamo per l’affitto
della saldatrice per il giorno dopo. Per grande fortuna a venti metri
dall’officina c’è un piccolo hotel.
Paghiamo il nostro salvatore che riparte
per chissà dove, dato che ormai è buio pesto e sulle piste è dura senza luce.
Ci accorgiamo che in hotel non ci sono docce, il letto è un asse di legno con
una fodera imbottita di paglia sopra, il cuscino è un sacchetto pieno di riso.
Ci guardiamo sconsolati realizzando che i nostri materassini da campeggio sono
chiusi con le moto in officina, come del resto le nostre scatolette di cibo che
sarebbero state la nostra cena. Sono le 23.30 e i ristoranti sono chiusi, come
i negozi. Il proprietario dell’hotel impietosito ci da del the e quattro fette
di pane che ingurgitiamo prima di dormire.
Giorno di viaggio 73
18/8/16
Alle 7.30 siamo svegli, cerchiamo uno
shop dove comprare qualcosa da mangiare, ma aprono alle 9. Troviamo giusto un
fornaio che ci vende del pane all’uvetta. Alle 8.00 siamo di fronte
all’officina ma sospettiamo sia troppo presto dato che i ragazzi ieri sera alle
23.30 erano ancora li a lavorare.. Dopo altri 40 minuti di attesa decidiamo di
aspettare in hotel, di fatti prima delle 10.45 non compare nessuno ad aprire
bottega.
Una volta dentro si inizia con i lavori, carteggiata alla vernice
intorno alle fratture del telaio, pulizia, ricerca di pezzi di ferro per
costruire dei rinforzi che supportino la saldatura.
Teo si mette all’opera con la saldatrice cinese, un inverter coi cavi tutti spelacchiati che basta inciamparci una volta per fargli fare un botto luminescente. In officina non hanno attrezzi decenti, non c’è un flessibile, né una mola, per tagliare i fazzoletti di rinforzo il proprietario deve uscire andando da qualche conoscente attrezzato, stando via oltre un ora.
Teo si mette all’opera con la saldatrice cinese, un inverter coi cavi tutti spelacchiati che basta inciamparci una volta per fargli fare un botto luminescente. In officina non hanno attrezzi decenti, non c’è un flessibile, né una mola, per tagliare i fazzoletti di rinforzo il proprietario deve uscire andando da qualche conoscente attrezzato, stando via oltre un ora.
La saldatura di Teo |
In corso d’opera come sempre si accerchiano persone
tutte dispensanti consigli su come sarebbe meglio fare. Teo sopporta e
prosegue, lo vogliono aiutare, concede al padrone di mettere qualche punto di
saldatura qua e là, sembrava ci tenesse tanto. Nel pomeriggio il lavoro è
fatto, ci diamo una mano di pittura per evitare la ruggine e si rimonta il
tutto. Ringraziamo la famiglia che gestisce l’officina e torniamo in albergo,
usciamo giusto per una spesuccia e poi ci godiamo una meritata birretta, Teo
più che altro!
L’assenza della doccia si fa sentire ma
ci tocca solo sognarla.
La famiglia che gestiva l'officina dove Teo ha saldato il telaio della mia moto. |
Giorno di viaggio 74
19/8/16
Nonostante tutti i danni mi vuole ancora bene! |
La mattinata vola via con la
riorganizzazione dei bagagli. Abbiamo deciso di eliminare il mio bauletto
perché troppo arretrato nella geometria della moto e a causa delle
sollecitazioni probabilmente è stato partecipe della rottura del telaio,
analizzando la modalità di frattura.
Il contenuto va ridistribuito e devo
legare le borse diversamente per fare scaricarne il peso più avanti possibile.
Tipico "caffè" mongolo.. |
Alle11.00 siamo in sella ma affamatissimi ci fermiamo per un brunch così poi
abbiamo tutto il pomeriggio libero per guidare.
Lasciamo la città per la
seconda volta, appena tocco la terra con le ruote scatta l’ansia, tengo un
ritmo blando per limitare al minimo i colpi secchi sulle buche.
Trotterellando
sui 40 km orari maciniamo comunque oltre 200 km su piste tutto sommato
scorrevoli ma in evidentemente stato di semi abbandono: l’erba se le stava
rimangiando.
Tanta sabbia in vari tratti ci ha fatto sbacchettare, sabbia fine
e beige. Il paesaggio molto piatto e ancora meno abitato del solito era
desolato. Si trovavano anche molte ossa di animali per strada, per lo più crani
perfettamente ripuliti, uno di essi è venuto via con noi legato al mio
parafango come macabro souvenir. Alle 20.00, stanchini, ci siamo fermati a
campeggiare cenando con tonno e due cetriolini regalatici da uno dei
proprietari dell’albergo.
Ci è andata davvero bene con la moto e soprattutto a
trovare persone che ci hanno ancora una volta aiutato così generosamente. Solo
300 ci separano dal confine Russo e poi usciremo da questa strana variegata
avventura in Mongolia.
Giorno di viaggio 75
20/8/16
Tanto per cambiare la nostra notte in
tenda è stata innaffiata da una lunga pioggia e al mattino il sole ha asciugato
moto e tenda quanto bastava per ripartire asciutti. Ci siamo alzati desiderosi
di una doccia essendo il quarto giorno senza e le salviette umide non fanno i
miracoli dell’acqua corrente.
Percorsi circa 140 km di piste tranquille nel
nulla senza quasi incrociare altri veicoli, incontriamo una vera e propria
cittadina dove ci fermiamo a pranzare in un ristorantino coreano. Finalmente
mangiamo qualcosa di diverso da scatolette o pecora! Divoriamo dei piattoni che
ci danno subito sonnolenza, io pollo al curry col riso e Teo straccetti di
manzo con verdure piccanti.
Pensiamo un po’ al da farsi e considerando che la
dogana è chiusa nel weekend decidiamo di non strapazzarci coi chilometri per
oggi e anzi approfittarne per cercare un alloggio con doccia in quanto questa è
l’ultima città prima del confine, sulle mappe sono segnati solo piccoli
villaggi e domani campeggeremo in zona di frontiera. Troviamo l’hotel East
Palace e ci godiamo mezz’ora di acqua calda, doppio shampoo e doppio
bagnoschiuma, una goduria. Il pomeriggio e la sera li passiamo in totale relax.
Hotel East Palace 40.000T (15 euro)
Giorno di viaggio 76
21/8/16
Lasciamo la cittadina di Choibalsan e ci
rituffiamo nella steppa. Troviamo decine di crani di cavalli, mucche e capre
lungo i bordi delle piste oltre che numerose bottiglie vuote di vodka, la piaga
sociale di queste aree remote che inquina anche l’ambiente.
Ci chiediamo come
mai troviamo solo le teste degli animali e non le ossa del resto del corpo ma
questo quesito non trova risposta, come del resto il quesito di come facciano a
bere pura vodka sotto il sole e riuscire a guidare fuoristrada mantenendo la
rotta.
In tutto il giorno percorriamo 250 km in cui incrociamo solo due
macchine e un furgone, provenienti dalla direzione opposta alla nostra. Penso che
se il telaio si fosse rotto su questa tratta o sulla strada di ieri sarebbe
stato un bel guaio e nessuno ci avrebbe visto.
Poco prima del tramonto
raggiungiamo Chulunkhoroot, il paese di confine. Non troviamo quasi anima viva
se non un ubriacone che ci approccia biascicando parole incomprensibili e che
viene trascinato via da una ragazzina esasperata. Decidiamo di campeggiare
fuori dal borgo, lontani dalla vista delle case uscendo qualche km fuori pista.
La sera ci avvolge senza nuvole, chissà se sarà una notte asciutta.
Giorno di viaggio 7722/8/16
Raccolte le nostre cose, incredibilmente
asciutte, ci rechiamo al confine, dopo aver spero gli ultimi spiccioli mongoli
in un piccolo shop alimentare.
Dogana di ingresso in Russia |
La dogana mongola di lascia passare in meno di
venti minuti, ma alla frontiera russa ci chiedono di aspettare, c’è un camion
Hiko e un pick-up in attesa di varcare e sono alle prese coi controlli, dopodiché
ci siamo solo noi.
Iniziamo a sbrigare le solite scartoffie che vengono come di
consueto ricompilate in due uffici diversi.
Ancora ci stupiamo dell’assenza di
informatizzazione che renderebbe più semplici le cose.
Ci stampano finalmente
il timbro d’ingresso in Russia, ma poi c’è il controllo doganale, per la quale
ci fanno ricompilare l’ennesima dichiarazione doganale.
Ad un passo dalla fine
l’impiegata dell’ufficio ci indica l’ora: inizia la loro pausa pranzo. Invece
di farci uscire ci ritroviamo ad aspettare un ora perché i militari vadano e
tornino. Alle 14.30 finalmente dopo l’esame delle nostre borse, riusciamo a
tornare in terra russa sognando un borsch!
Appena dentro cerchiamo un benzinaio
ma nel villaggio vicino non ce ne sono ed il prossimo è a 100 km, ma ne abbiamo
già 300 sul parziale e non siamo sicuri di farcela con la nostra autonomia.
Ovunque andiamo troviamo gente disponibile ad aiutarci. |
Chiedendo ai passanti, un uomo ci fa cenno di andare verso un camion cisterna
parcheggiato e ci spilla 2 litri dal suo serbatoio.
Con quelli guadagniamo una
quarantina di chilometri per essere sicuri di far arrivare il Transalp, che tra
le due moto beve di più, al prossimo benzinaio.
Si riparte percorrendo 100 km
di sterrato ed infine giungiamo al paesino di Barzya dove dopo aver fatto il
pieno ci siamo fiondati su un bel borsch caldo e dal sapore familiare. Da
Borzya abbiamo poi preso una deviazione che ci avrebbe accorciato l’arrivo
sulla transiberiana, 200 km dopo.
Ne abbiamo percorsi altri 100 e ci siamo accampati su una collina sotto un tramonto bellissimo.
Ne abbiamo percorsi altri 100 e ci siamo accampati su una collina sotto un tramonto bellissimo.
Siamo di nuovo in Russia. Prossimo obbiettivo.. Giappone.