martedì 6 giugno 2017

Diario di bordo - Diciassettesima e ultima settimana di viaggio

Giorno di viaggio 11327/9/16 

La missione di oggi è visitare il Kodokan, centro di riferimento per il mondo del Judo, che Teo voleva vedere da tempo. 
L’edificio, enorme, ospita vari ambienti: il museo della storia del Judo, il Dojo (ovvero la palestra dove si pratica la disciplina), varie salette con i tatami, uffici e perfino un ostello per gli allievi. 

Con sua sorpresa, parlando con un ragazzo italiano anche lui appassionato, Teo scopre che ci si può iscrivere per allenamenti come ospite, e decide di prenotarsi per tre ore la sera stessa. 
Io nel frattempo faccio due passi nel quartiere di Shinjuku e salgo all’osservatorio del Tokyo Government Building , dove si gode di una vista suggestiva del quartiere dei grattacieli da un altezza di 200 mt, 45 piani da terra.







A sera vado a prendere uno stanco ma felicissimo Teo, che si è fatto un ora di Kata e due di allenamento libero con allievi giapponesi e qualche altro straniero.

Riusciamo anche ad incastrare un'altra birretta con Naoto e alcuni suoi simpatici amici: Mr. Yamakoshi, Mr. Oouchi, Mr. Nagai, Mozuko and an american girl, Emily, per i saluti finali, presso la birreria artigianale Beer++.



Giorno di viaggio 11428/9/16

Girettino per il quartiere di Kagurazaka dove gli edifici sono più bassi e tradizionali che non in altre zone iper-moderne. 















Qui troviamo anche una caserma dei pompieri, dove ci fermiamo per visitarla e il personale fa provare a Teo tutta l’attrezzatura e lo fanno salite su tutti i mezzi.

Poi ci spostiamo verso Shibuya, famosa per lo “scramble crossing”, un attraversamento pedonale a quadrato con croce, tra due strade, affollatissimo nelle ore di punta da migliaia di persone che non si sa come camminano in 12 direzioni diverse senza scontrarsi. 



Nello stesso quartiere ci siamo dati appuntamento per cena con Francesco Ristori, un ragazzo italiano che è venuto in Giappone in moto due anni fa, con l’intento però di trasferircisi. Infatti lavora e vive a Tokyo da allora. 
Assieme a lui siamo andati a provare il Gyuukatsu, una cotoletta di manzo praticamente cruda dentro, dal taglio particolare “marmorizzato”, e ci lanciamo in lunghe chiacchiere sulle rispettive esperienze di viaggio. 


Ascoltiamo i suoi racconti nipponici che oltre alle cose belle del paese ci rivelano particolari nascosti, come la pressione sociale fin da piccoli, la forte competizione sul lavoro, lo stacanovismo fino agli sfoghi serali in alcool o macchinette da gioco d’azzardo, fino agli estremi che si buttano sotto ai treni. 
O il fatto che il loro formalismo così radicato non li rende persone sincere e non ti dicono le cose in faccia. Particolari che avevamo intravisto ma che non avevamo compreso, apprendendo sfumature che solo da turisti non avremmo osservato. Effettivamente è un mondo strano questo, ordinato, precisino e modernissimo, ma che di sera diventa un luna park di lucine, attrazioni e momenti di sfogo per evasioni da una vita forse troppo quadrata, almeno qui in una grande città come Tokyo, diversissima dalle campagne che la circondano. Tanto siamo presi dai racconti che ci dimentichiamo di scattarci una foto tutti assieme…!

 

Giorno di viaggio 11529/9/16

Lasciando Teo a riposare, mi sono fatta un giretto di mattina presto tra Ueno ed Asakusa nel quartiere degli articoli da cucina per acquistare alcune tazze e due maschere che volevo come ricordo dato che le colleziono da tutto il mondo. All’ora di pranzo l’ho raggiunto e siamo andati a ritrovare Mr. Arakawa, lo chef della tempura, per un ultimo pranzo nel suo ristorante, fissando nella memoria quei sapori e quei gesti veloci e precisi.


Da ultimo andiamo a visitare il Tokyo National Museum a Ueno per ammirare i manufatti della cultura giapponese nei secoli, tra armature di samurai, katane, abiti tradizionali, maschere del teatro No, e molto altro.

L’ultima cena di questo incredibile viaggio la facciamo nel piccolo sushi bar dove eravamo stati poche sere prima, assaporando i nigiri e osservando la gente mangiare, impilando tanti piattini vuoti e afferrandone di nuovi dal nastro trasportatore mentre il cuoco li riempiva a raffica, con la solita velocità e precisione.




Chiudiamo nei bagagli i nostri vestiti stanchi dei chilometri, domani si torna a casa, che infine non è che un piccolo pezzo del grande mondo a cui apparteniamo.

FINE