sabato 23 luglio 2016

Diario di bordo - Quinta settimana di viaggio

Giorno di viaggio 30
4/7/16

Per questa giornata abbiamo alcune missioni da compiere: trovare un gommista per riparare la mia camera d'aria forata in Uzbekistan, trovare la Posta per spedire a casa alcuni pesi di troppo tra vestiti in eccesso e qualche souvenir, comprare una sim card locale, fare backup di foto e video e fare della manutenzione alle moto prima dei lunghi tratti di fuoristrada che ci attendono. Tutte queste operazioni ci tengono occupati gran parte della giornata. Bruce e Brad ci indicano dove trovare il gommista, loro sono purtroppo rimasti a piedi sulla Pamir Highway con i loro BMW GS800 a seguito di numerose forature e sono tornati con un taxi in città per rifornirsi di camere d'aria e farsi riparare quelle forate; poi accompagnamo Lia a ritirare la sua Triumph dal meccanico, che scopriamo essere base di un Club che organizza vari tour con moto a noleggio nel Pamir. Per la sim card ci viene in aiuto una gentile ragazza, cui avevamo chiesto indicazioni per strada, che ci fa cenno di seguirla prendendo il bus fino a un bazar dove ci fa persino da interprete. La corsa sul bus è una divertente ed affollata esperienza di colori, odori e fiducia nel destino che si può provare solo in questi paesi sprovvisti di regole per la sicurezza del passeggero. Su questi pulmini-furgoncino si riescono ad infilare oltre 16 persone contro le 8 di serie, 18-20 se ci sono bambini impilabili!, tutti senza cintura e scaraventati a destra e sinistra dalle prodezze dell'autista di turno. Ma anche qui sopravviviamo.
A sera Teo crea delle tracce GPS per il percorso dei prossimi giorni, siamo carichi: domani è il grande giorno in cui inizieremo a percorrere la celebre Pamir Highway!

Giorno di viaggio 31
5/7/16

Il cielo questa mattina fa i capricci ma scegliamo comunque di partire. Saremo seguiti a breve distanza da un gruppetto di 10 moto di un tour, a cui si aggregherà anche Lia, che essendo sola preferisce viaggiare su quei tratti in compagnia; dunque dovessimo avere qualche problema a percorrere qualche tratto basterà attendere il gruppo. Inoltre dovremmo incrociare sulla strada, in percorrenza dalla direzione opposta, un viaggiatore italiano di cui stavamo seguendo il viaggio: Gionata Nencini, che avevamo avvisato del nostro probabile incontro avendo notato una coincidenza di percorsi. E di fatti lo incrociamo un centinaio di kilometri dopo Dushanbe! Trascorriamo insieme alcune ore bevendo the chai scambiandoci chiacchiere italiane e racconti internazionali. Assurdo conoscersi per la prima volta a migliaia di km da casa! Dopo i saluti proseguiamo iniziando una parte più spettacolare dove veniamo inghiottiti dai colori: tanto rosso argilloso, ferroso, poi gialli, aranci, verdi chiari e saturi. I toni sono un po' incupiti dalla presenza delle nuvole ma resi brillanti dalle gocce leggere della pioggia che spazza la polvere e rinfresca.
Le montagne si fanno via via più imponenti, la strada si stringe e abbandoniamo l'asfalto. Attraversiamo piccoli torrenti, saliamo e scendiamo dalle cime scivolando in paesaggi sempre nuovi e più e più vasti. Purtroppo aumenta di volume anche la pioggia e a soli 25 km dalla meta da raggiungere, la cittadina di Kalaikhum, iniziamo a pattinare nel fango e io mi regalo un paio di cadute in scivolata con tuffo carpiato e distorsione a destra. Un uomo ci nota affannati e indaffarati nel recupero moto e ci invita a trascorrere la notte nella sua casa. Accettiamo volentieri essendo fradici e infreddoliti, e si sta facendo tardi. La famiglia dell'uomo è da subito molto accogliente, ci aiutano a levarci i cento chili di vestiti infangati, ci mettono al caldo con una zuppa in mano e ci osservano dietro sorrisi senza parole. I più giovani si lanciano nel tentativo comunicativo estraendo una dispensa scolastica con traduzioni inglese-russo-tajiko e imbastiamo la conversazione di rito sulla nostra provenienza e la nostra destinazione. Il capo famiglia è cinquantenne ma cotto dal sole e ne dimostra una quindicina in più, la sua signora dalle guance rugose e scavate rivela denti dorati ad ogni sorriso. Due instancabili ragazze riempiono ciotole e corrono avanti e indietro tra le stanze portando pentole e bambini, rabboccando tazze e spazzando briciole senza mai rabbuiarsi in viso. Mangiamo impotenti, serviti e trattati come ospiti illustri senza poter allungare le mani ad aiutare, pena rimprovero. Non ho ahimè trascritto il nome dell'uomo che ci accolse, ricevemmo un invito a rimanere il giorno dopo per la celebrazione della fine del Ramadan e sentendoci onorati accettammo. Saremmo poi partiti nel pomeriggio per raggiungere la nostra vecchia tappa a 25 km da lì.

Giorno di viaggio 32
6/7/16

Apro gli occhi destata dai rumori della famiglia che si avvicenda ormai sveglia. Saranno le 7:00 penso, ma quando guardo l'orologio sono le 5:00 del mattino e il sole è già nella stanza. Per non offenderli o impedirgli l'uso del salotto dove ci hanno messo a giacere, ci tiriamo in piedi anche noi e osserviamo man mano lo svolgersi della loro giornata. I sottili materassi che costituiscono i letti vengono impilati ordinati in una stanza con in cima cuscini e coperte. Vengono portati altri materassini, quelli su cui ci si siede o sdraia mangiando, e disposti a rettangolo con al centro una tovaglia di plastica stesa a terra che viene imbandita di ciotoline e vassoi contenenti varie cose. Marmellate, burro casalingo, frutta, samosa di carne e cipolla, panzerottini di cipolla ed erbe, caramelle e biscotti, tazzine per il the. Tutto viene intavolato assieme senza ordine di primo, secondo e dolce. Per colazione ci offrono latte munto bollito a lungo, le cui spesse pellicine galleggianti rendono ardua l'impresa di finirlo ma riusciamo a metterci del caffè e abbondante zucchero per riportare il sapore verso lidi più conosciuti. Non faccio la schizzinosa, ma non mi è mai piaciuto il latte caldo e questo veramente fresco e bollente sa proprio di stallatico, ma come già ci capitò in Kazakhstan si fa uno sforzo onorando i nostri gentili ospitanti. Poco prima del pranzo iniziano le visite di vicini e parenti, è un giorno di festa, tutti si vestono con l'abito migliore. Le bambine sono imbellettate dentro vestitini luccicanti e a sbalzi come piccole bamboline, i maschietti sono in giacchetta e pantalone. Dentro casa si cammina scalzi, le scarpe sono ammucchiate fuori nel cortile infangato dalla pioggia e si creano code a rimettersi scarpe e ciabatte nell'andirivieni locale.
In molti vengono a conoscere le nostre straniere presenze, molti i tentati approcci alla conversazione, dirottati su gesti e versi per potersi dire qualcosa. Delle donne mi trascinano nella casa a fianco a vedere due neonati che avranno si e no 2-3 giorni, sepolti sotto vari strati di coperte, e la loro orgogliosa e stanca mamma che ha evidentemente partorito in casa, aiutata da un nugolo di femmine caciarone e colorate che frullano in giro per la casa riempiendomi di dolcetti e panzerotti per il viaggio come se dovessimo affrontare settimane senza cibo. Sono donne forti, ridono tra i loro denti dorati della mia incapacità di comunicare con loro, e continuano a pormi domande a cui non so come rispondere e mi invento discorsi fatti con le mani per descrivere un poco cosa ci facciamo immersi nel fango che è la loro quotidianità e loro si chiederanno come possa essere un attrattiva per noi venire dai nostri paesi di palazzi a visitare i loro posti remoti.
Torniamo alla casa, inizia il pranzo, alle 10 del mattino la fame non è molta ma siamo ospiti e si deve mangiare. Il piatto è sempre pieno, cento mani ci porgono in continuazione più brodo, più carne, più pane, più the, ma mangia anche il dolce che è buono, assaggia lo yoghurt, prendi la caramella. Si scoppia. Altri visitatori entrano, pregano prima di mangiare e anche appena finito, salutano, ripetiamo la presentazione, qualche giovane rispolvera la lezione di inglese: 'what's your name', 'how are you', risatine timide ma ce la si fa. Poi è tempo per noi di rimetterci in moto, i vestiti si sono asciugati nel sole di stamattina, testiamo il fango ed è sufficientemente asciutto da partire, meglio farlo prima del nuvolone che sta arrivando. Salutiamo la meravigliosa famiglia che nel mio diario non ha nomi ma ha tanti volti impressi nel cuore e in qualche fotografia che ho cercato di scattare tra una portata e l'altra. La gratitudine di questi incontri è tanta, cerchiamo di lasciargli un piccolo contributo che a fatica riusciamo a lasciargli, per loro l'ospitalità è così, pura, senza nulla in cambio; ma ci teniamo, per quei bambini, per quelle donne così dedite e sempre sorridenti.
Nel pomeriggio raggiungiamo Kalaikhum e ricongiungiamo le strade con il gruppo di moto viaggiatori partiti da Dushanbe, anche loro si erano fermati per la pioggia ma un cinquantina di km prima di noi. Ceniamo raccontandoci di queste avventure e poi finalmente doccia e letto.
Guest House 'Hotel Roma' 15 dollari in due con colazione.

Giorno di viaggio 33
7/7/16

Di nuovo in marcia verso sud-est costeggiando il fiume che crea il confine naturale tra Tajikistan e Afghanistan, destinazione Korog una città dove tanti viaggiatori fanno tappa sulla Pamir Highway in un crocevia di racconti e scambi di informazioni e di esperienze. Il tempo oggi è perfetto: cielo blu, sole, poche nuvolette che decorano il cielo senza occluderlo. Le montagne si susseguono cambiando dopo ogni curva, il fiume disegna il suo corso modificando forma e colore alla terra e scorrendo a volte furioso e a volte calmo dando vita a dei veri e propri laghi. Scorriamo sulle moto nella bellezza riempiendoci gli occhi e la mente di ricordi da non dimenticare. Giungiamo piuttosto presto all'hostello Pamir Lodge, immerso nel verde, dove si sente subito un bel clima di fermento internazionale con vari visitatori da tutto il mondo accampati, panni stesi, facce dorate dal sole e manutenzioni in corso di moto e bici. Facciamo conoscenza di due ragazzi svizzeri in giro con due KTM 690 e reincontriamo Bruce e Brad, ancora vittime di una gomma a terra e tornati indietro per ripararla e fare notte. Brindiamo a una maggiore fortuna e ceniamo asseme a un gruppetto di vecchi e nuovi amici presso un ristorante indiano che riporta le nostre papille gustative a sapori esotici diversi da queste terre. C'è tanto da raccontare e la serata scorre veloce fino a tardi. Ci accordiamo con Bruce e Brad per fare strada assieme domani. Pamir Lodge 9 dollari a testa in dormitorio con colazione.

Giorno di viaggio 34
8/7/16


Siamo partiti con calma verso le 10:30 e abbiamo fatto rifornimento alle nostre piccole cavalcature e ai grossi GS800 di Bruce e Brad, poi siamo partiti per percorrere una strada alternativa alla M41 che costeggia gran parte del confine afghano: il Wakhan Corridor. I paesaggi sempre più spettacolari in un crescendo letterale di spazi, dimensioni, alture. In poche parole la vastità nella sua accezione più completa. Il nostro lato tajiko più sassoso, roccioso e secco, e il lato afghano, sorprendentemente più verde, si fronteggiavano in un confronto costante, tenuti distanti dalla potenza del fiume il cui rumore ci accompagnava come musica assieme a quello dei motori. Nel tardo pomeriggio siamo giunti a un forte risalente a 3000 anni fa costruito su un picco dalla vista impareggiabile. Queste antiche costruzioni furono erette quando il Corridor era usato come antica rotta commerciale, addirittura si dice che anche Marco Polo passò da qui.
Lasciate le moto nella guest house dove avremmo alloggiato più tardi, ci siamo diretti a piedi per una passeggiata tra le rovine di questo vecchio complesso, illuminate dai raggi del tramonto e ci siamo immersi nello spettacolo del paesaggio. Poco dopo, tornati alla realtà e alla guest house, ci ha raggiunto i gruppo di moto del tour che stava percorrendo la stessa strada, e con loro Lia che avevamo conosciuto a Dushanbe. A cena ci siamo scambiate le rispettive esperienze.
Hotel Baxoh 10 dollari a testa con cena e colazione ma niene doccia quindi via di salviette.

Giorno di viaggio 35
9/7/16

Oggi abbiamo viaggiato lungo il tratto finale del Wakhan Corridor sempre coi nostri amici Bruce e Brad, trascorrendo sei orette di guida molto piacevoli, tutto esclusivamente off-road, incontrando varie condizioni stradali: terra, sassolini, sabbia, sassi smossi e passaggi stretti. Il paesaggio ci ha regalato nuove emozioni, dapprima proseguendo coi colori della vallata, verdi, ocra, marroni col fiume quasi grigio per il sommovimento di sabbia sottostante; poi è tutto diventato grigio e giallo-ocra con forti contrasti tra ombre e luci e il fiume ha preso il colore verde acqua creando un bellissimo effetto, come una pietra di acquamarina incastonata nel regno di sabbia. Anche la compagnia ci ha fatto piacere trovandoci in sintonia coi ritmi e i caratteri. Verso sera ci siamo fermati a Bulukul per poter vedere l'indomani il lago Yashkul. Abbiamo preso alloggio in un 'home stay' molto rurale, senza acqua in casa e corrente elettrica solo dopo il tramonto, dove siamo stati perlomeno al caldo, soprattutto dopo la 'doccia', un esperienza particolare trattandosi di una stanza contenente un serbatoio d'acqua posto su un grosso bracere (tipo stufa a legna) che ne riscaldava il contenuto e unaltro serbatoio d'acqua fredda. Tramite due pentolini potevi farti la miscela alla temperatura desiderata e ci si lavava rovesciandosela addosso; il pavimento poi era provvisto di scoli appositi ed era stata ricavata una specie di panca in muratura per eventualmente sedersi o appoggiare cose. Grazie alla brace sotto il serbatoio tutta la stanza era bella calda, l'unico inconveniente è che da lavati si assumeva un 'profumo' di affumicato. La cena consisteva dell'ormai celebre 'sorpa', minestra di cipolla, carota e, a volte, patata con qualche pezzo di carne, e 'salat' di pomodori e cetrioli, da bere the nero 'chai'. Già verso le 21:30 eravamo stanchi e leggermente provati dall'altitudine e ci siamo messi a letto o meglio sdraiati sui materassini impilati in stile centro-asiatico con tre coperte per far fronte al freddo che si faceva sentire a 4000mt.
Note: la gente qui vive tutto l'anno e d'inverno con oltre un metro di neve fuori si chiude in casa a fare due cose, ci han detto: guardare la TV e fare bambini. Di fatti fuori dal "villagio" (una decina di case) svettava un'enorme parabola satellitare, e tra gli abitanti c'erano diversi bambini di età assortite.
Home stay Bulukul 15 dollari a testa con cena e colazione. Ci è sembrata un enormità ma abbiamo convenuto che essendo nel mezzo nel nulla fanno fatica a reperire i beni di prima necessità, e quei soldi servono di più a loro che a noi.

Giorno di viaggio 36
10/7/16

Ho faticato a dormire quasi tutta la notte a causa degli effetti dell'altitudine: palpitazioni e un mal di testa latente che non mi faceva riposare. Tuttavia prima delle 8:00 nessuno di noi si è alzato e con calma e tranquillità abbiamo fatto i bagagli sapendo di avere davanti una giornata non troppo impegnativa: raggiungeremo la cittadina di Murghab per la notte attraversando un passo a 4.300 mt ma guidando quasi esclusivamente su strade principali. Una prima capatina al lago Yashkul dalle acque blu profondo, per le foto di rito e poi abbiamo rimesso le ruote sull'asfalto. La guida è stata scorrevole e poco a poco sono svaniti gli effetti dell'altitudine cosicchè il passo è stato semplice e ci siamo potuti godere la sua spettacolarità.
Giunti al Murghab, più che una città un paesotto, abbiamo cercato invano un bancomato che prendesse le nostre Mastercard (e poi dicono che 'per tutto il resto c'è Mastercard'!? Qua solo Visa..), poi ci siamo messi comodi, lavati, e abbiamo cenato innaffiando il pasto con qualche birretta in compagnia di alcuni altri viaggiatori giunti come noi a fare tappa: Daniel, un ciclista nord-americano, una ragazza neo-zelandese di cui non ricordo il nome, Peter dalla Francia a piedi. Nuove storie da raccontare e da ascoltare. Tante persone in viaggio, ognuno con la loro storia scritta giorno per giorno sulla strada.
Hotel Murghab 10 dollari a testa in dormitorio da 4 con colazione.