giovedì 16 febbraio 2017

Diario di bordo – Decima settimana di viaggio

Giorno di viaggio 64

9/8/16

I ragazzi hanno iniziato a svegliarsi alle 7/7.30, noi “pigravamo” nella tenda. Abbiamo messo fuori il naso alle 8.00 vedendoli belli indaffarati a tirar su l’accampamento mentre noi non avevamo fretta e li guardavamo fare mangiandoci pane e finta nutella. 
Ci preoccupava solo il nuvolone all’orizzonte che non prometteva nulla di buono. Gli equipaggi dei rally sono partiti appena in tempo, mentre noi abbiamo deciso di chiuderci in tenda aspettando che scaricasse quello che poi effettivamente si è abbattuto su di noi: un inferno acquoso. 
Le auto del Mongol Rally e del MongolOne
Un oretta dopo disfavamo anche noi il campo e ci bardavamo da pioggia visti i nuvoloni di acqua, questa volta sollevati dai camion sulla strada.
Foto di gruppo!
Per fortuna nel resto della giornata non abbiamo preso pioggia proseguendo il percorso in direzione Altai City. L’unica acqua che ci ha bagnato era quella dei piccoli ma numerosi guadi che abbiamo dovuto attraversare e le pozzanghere inevitabili fino all’ultimo. 

Nonostante la partenza dei ragazzi con un’ora e mezza di vantaggio su di noi li abbiamo ribeccati ad Altai riconoscendo le inconfondibili auto piene di adesivi davanti ad un ristorante. Abbiamo potuto quindi mangiare un’ultima volta assieme e salutarci per bene con foto ricordo prima di separare le rotte.


Nonostante i consigli di Stefan e Veronika (i ragazzi incontrati in Kazakhstan) che erano arrivati in Mongolia prima di noi e che avevano evitato la Northern Route per via delle piogge che avevano ingrossato i fiumi, non volevamo rimanere sulla piatta Southern fino a Ulaan Bator, la capitale.

Ci siamo messi dunque su una rotta diretta a nord chiamata Uliastay-Altai, per andare ad incrociare la Northern, più montuosa e meno monotona. Inoltre due ragazzi bielorussi incontrati per caso al ristorante e provenienti da Ulaan Bator raccontavano di difficoltà con le esondazioni anche a sud quindi abbiamo deciso di rischiare andando a nord. I ragazzi dei due rally mongoli avevano invece fretta per via dei giorni contati e avrebbero continuato sulla via più breve per la capitale per prendere in tempo i loro voli di rientro.
Aggiungi didascalia
Noi abbiamo proseguito verso nord altri 70 km poi abbiamo cercato un posto per campeggiare tra le colline, appena in tempo per beccarci un nuovo acquazzone. 
In Mongolia, ci hanno fatto sapere, non pioveva così tanto da dieci anni. Che fortuna che sia capitato proprio ora questo evento storico!
Cena in tenda con scatolette di pesce di cui una accidentalmente apertasi nella mia borsa laterale (spargendo un amabile aroma di pescheria che, posso dire a posteriori, non ha abbandonato la borsa fino al ritorno della moto a Milano).






Giorno di viaggio 65

10/8/16

Di notte la pioggia è andata avanti incessante e rumorosa per oltre 5 ore buone, poi finalmente la quiete. 
Solo che noi avevamo un gran sonno dopo il frastuono e il freddo continui, e prima delle 9 non siamo usciti dalla tenda, trovando la mia moto affondata col cavalletto nella terra fradicia e molle di acqua, con almeno 3 lt in meno nel serbatoio a causa dell’inclinazione che ha fatto fuoriuscire benzina dal tappo.

Ma il cielo era stupendo, blu acceso, senza una nuvola, e siamo partiti alla volta di Tonontsegel, anche se sapevamo che sarebbe stata una meta ambiziosa nel caso la strada avesse subito le conseguenze dell’acqua notturna. Invece abbiamo trovato la pista drenata a sufficienza da passare senza slittamenti. Certo c’erano molte pozzanghere, ma facilmente schivabili saltando nelle piste laterali, strade alternative già tracciare da altre auto per evitare i punti più danneggiati e difficili.


In meno di due ore abbiamo osservato le nuvole riformarsi sotto i nostri occhi e ci siamo goduti gli ultimi raggi di sole tra le valli, sempre verdissime, sempre molto ampie, abitate solo dal bestiame al pascolo.

Nel primo pomeriggio ci siamo trovati davanti ad un guado. Non era neanche segnato sulle nostre mappe e aveva l’aria di essere stato un ruscello solitamente contenuto nelle dimensioni ed attraversabile, ma ora ingrossatosi fino a diventare un fiume, non altissimo (50cm) ma con corrente. Un bambino a cavallo, vedendoci, ci ha mostrato dove passare attraversando il fiume piano dall’alto della sua cavalcatura, Teo si è lanciato per primo, ma con troppo gas, svirgolando su una pietra e cadendo sull’altra riva facendosi male ad un ginocchio per torsione. Sono corsa ad aiutarlo a piedi lasciando la moto sull’altra sponda, la corrente era forte anche a camminare, non è che avessi molta voglia di tuffarmici anche io in moto.

Un vecchio, sopraggiunto in quel mentre, ci indica a gesti della presenza di un ponte a 5 km e ci suggerisce di proseguire ognuno su una sponda e ricongiungerci più avanti. A saperlo prima! Così facemmo, guidando e vedendo le nostre sagome diventare puntini in corsa sulle rispettive rive. Per fortuna il vecchio aveva ragione e dopo 5 km esatti ci siamo ricongiunti. Avevo i piedi ormai fradici per non parlare dei pantaloni, zuppi fino al cavallo. Con la temperatura raffreddata dalle nuvole che oscuravano il sole e la quota, perché stavamo salendo, iniziavamo a sentire freddo.


Su un piccolo passo a 2.500 mt la temperatura era addirittura crollata a 6 gradi, il freddo a piedi e mani era tale da farci solo desiderare di fermarci. Per fortuna la città di Uliastai era vicina e dopo una ventina di km siamo entrati in un albergo, con le dita già blu.
La padrona ci fa sapere nostro malgrado che su può fare la doccia solo dalle ore 19.00 e sono ancora le 16.00, così usciamo per cercare una farmacia per il ginocchio di Teo e un posto dove mangiare qualcosa di caldo. Troviamo la versione russa del Voltaren e un baretto dove ci scaldiamo, guarda caso, con una zuppa di.. pecora, e delle specie di panzerotti di carne, frittissimi. A sera finalmente ci godiamo la doccia calda e come intrattenimento abbiamo deciso di prosciugare l’elettricità dell’albergo abusando del phon per asciugare gli stivali gocciolanti chiudendoli in un mobiletto a mo’ di forno.
Hotel Uliastai 60.000T (ca 28 euro, caruccio ma senza meritarlo)

Giorno di viaggio 66

11/8/16

Come per magia il mio collo stamattina ha deciso di bloccarsi mentre facevo stretching, così io e Teo oggi formiamo la coppia “lo zoppo e la gobba” e a turno passiamo il tempo a lamentarci dei nostri malanni mentre carichiamo le moto. 
Buche a perdita d'occhio
Il ginocchio di Teo è molto dolorante e fa fatica ad appoggiare il piede. L’ideale per la guida in piedi! Partiamo verso le 10.00 con un bel tempo nonostante la pioggia fosse ricominciata ieri dopo il nostro arrivo. 
La strada era conciatissima per oltre 100 km, la pista era larga ma costellata di buchi alti e anch’essi larghi, così tanti che non potevi schivarli tutti, dovevi scegliere i ‘meno peggio’ su cui passare. I saltelli provocavano un dolore continuo per il mio collo e per il ginocchio di Teo. 


Fango e pozze
Sono anche riuscita a scivolare due volte, sicuramente perché a causa del male tenevo una postura rigida, una volta frenando sulla sabbia per prendere una deviazione e una volta sull’erba bagnata, fin un solco invisibile di una jeep su cui ho sbagliato a mettere le ruote.
In quest’ultima caduta ho spaccato i telaietti delle borse che già avevano sofferto alcune cadute sul fango in Kyrgyzstan. 
Abbiamo dunque legato le borse alla bella e meglio al telaio della moto e abbiamo proseguito. 




Nonostante gli acciacchi siamo riusciti a percorrere 200 km che, considerando erano tutti in fuoristrada, non è male, per uno zoppo e una gobba ovviamente!
Siamo giunti a Tosontsegel e trovato sulle mappe tale “Skyline Hotel”, dove per 30.000T ci hanno dato una doppia senza bagno né doccia, opzionali per una piccola aggiunta extra. Una ricognizione del luogo ci aveva confermato che fosse l’unico “albergo” e dato che non avevamo molto spirito di campeggiare si è preso quel che c’era.


Welcome to Tosontsegel

Giorno di viaggio 67

12/8/16

Una villeggiante attratta dalla mia moto pulita
Il programma della giornata era fare tutti i km che riuscivamo verso Ulaan Bator ma non immaginavamo di trovare tutto asfalto, e per giunta perfetto, dal paese in avanti. 
Abbiamo incrociato molti mongoli in vacanza, oltre che qualche turista con auto, facendoci intendere che ci trovavamo in una zona turistica, il motivo per cui forse mantenevano le strade belle.

Simboli shamanici lungo la strada
Abbiamo macinato un centinaio di km quando l’asfalto ha iniziato a stancarci e saremmo anche stati in anticipo coi tempi se fossimo arrivati ad Ulaan Bator in giornata. 

Così dato il bel tempo, e avendo pure tempo materiale, abbiamo dato uno sguardo a Maps.me e trovato una deviazione più panoramica, e soprattutto sterrata, di 70 km costeggiando due laghetti e un vulcano ex-esplosivo i cui detriti si spargevano per chilometri. 

Le stradine erano in buone condizioni e ci siamo divertiti. 






Seconda fasciatura per Teo
Alcuni tratti in pianura erano sommersi dall’acqua tipo risaia e bisognava trovare alternative aggirando le paludi, ma per fortuna i guadi erano tutti fattibili e li abbiamo passati senza problemi divertendoci a fare sguazzare le moto nell’acqua. 
Abbiamo anche assistito alle prodezze di un autista mongolo alla guida di una macchina che faceva assistenza ad alcune persone in moto, che è riuscito a mancare la sponda di un ponticello finendo con la ruota giù dalle assi.

Verso sera le nuvole però si erano di nuovo radunate e vedevamo muri d’acqua grigi non lontani da noi, facendoci desistere dalla nostra decisione di campeggiare. Appena in tempo ci siamo rifugiati in un anonimo “hotel” senza null’altro nei paraggi se non casette, nel villaggio di Teel, passato il territorio vulcanico di Xopro, dove Teo è scivolato a detta sua perché io andavo troppo piano. Ma si sa che chi sta dietro dovrebbe mantenere le distanze o andare avanti.. 
Insomma, dopo la doccia, seconda fasciatura all’altro ginocchio, modalità Fantozzi on. Ci buttiamo a letto ancora una volta brontolando dei dolori come una vecchia coppia di anziani.

Giorno di viaggio 68

13/8/16

Speravamo di percorrere ancora un po’ di piste invece troviamo, nuovamente, tanto asfalto. 
Di questo passo tra qualche anno la leggendaria Mongolia sarà tutta connessa in lungo e in largo dal catrame maledetto. 
Sicuramente un ammodernamento per loro, ma che toglie quel fascino ricercato  dai viaggiatori del tassello. 
Siamo a circa 600 km o poco più dalla capitale e ci prefiggiamo di arrivarci in un paio di giorni. Anche questa giornata incomincia con il cielo limpido ma freddo, intorno ai 12 gradi, che per alcuni non sono gelidi ma mantenendo un andatura spedita con moto senza cupolini si fanno sentire.

Il mio torcicollo tralaltro non migliora e l’aria fredda non gli fa bene. 
Il pranzo più disgustoso
A pranzo abbiamo mangiato, in un paesello sperduto, il peggior piatto fino ad ora mangiato in viaggio: riso semi crudo con carne di pecora ancor più dura e come contorno sottaceti pessimi, insomma, una combo che ha terrorizzato in nostri stomaci. 

Ritornati in strada abbiamo fatto in tutto circa 300 km, e verso le 19.30 ormai stanchi ci siamo fermati in un accampamento di gher in prossimità della Southern Route, che dopo giorni avevamo re-incrociato. Senza accorgerci avevamo quasi finito i contanti e abbiamo pagato al pelo il pernottamento rifiutando la cena del posto, optando per cibandoci delle ultime scatolette.
Tuttavia il capo famiglia si presenta dopo un’oretta con due piatti di riso e carne caldi, dicendo di non volere denaro per quelli, un gesto che ci ha davvero scaldato il cuore!

La sera si preannunciava fredda e umida quindi ci siamo rintanati nei sacchi a pelo, non prima però di aver scattato delle foto al meraviglioso tramonto arancio e blu elettrico che la sera ci ha regalato. In “stanza” ci hanno fatto compagnia una famiglia di rospetti che forse trovavano rifugio e scampo dai numerosi falchi che sorvolavano la zona nel tramonto, probabilmente alla ricerca di golosità saltanti.



Giorno di viaggio 69

14/8/16

Prima di ripartire Teo fa provare la moto al capo famiglia
Giornata iniziata con una figuraccia! Partiti senza colazione per mancanza di viveri e denaro, ci siamo fermati nel primo villaggio vero, sostando in una specie di locanda dove ancor prima di entrare abbiamo chiesto esplicitamente se facevano “breakfast” e “coffee”, e sia la donna al bancone che la bambina presenti avevano annuito, però poi non riuscivamo a comunicare nemmeno col traduttore. 
Dopo un po’ di gesti e versi hanno finalmente capito che volevamo del caffè e un paio di uova e sono andate a procurare sia l’uno che le altre in un negozio vicino. 
Mentre ci sfamavamo guardando distratti le olimpiadi in tv ci siamo ad un tratto resi conto che avevamo finito i contanti la sera prima e non avevamo ancora prelevato! Abbiamo tentato di spiegare l’imbarazzante circostanza e tentato di lasciare il corrispettivo in euro anche se ci rendevamo conto dell’inutilità del gesto, poi un ragazzino entrato in quel momento ha capito non so come il problema e ci ha guidato con la sua bici all’ATM più vicino, ce n’era uno nello stesso paese fortunatamente! 
Così abbiamo potuto portare la giusta valuta alla ragazzina che ancora era ferma imbambolata con gli euro in mano, e siamo ripartiti con la coscienza più pulita, per ben 2,5 dollari!

La giornata è scorsa sull’asfalto degli ultimi 200 km che ci separavano dalla capitale, passando drasticamente da 13 gradi a 30 una volta nel cuore della città.
Dopo giorni siamo di ritorno nel caos di una metropoli
Annaspiamo sudando per trovare la guest house prenotata su Booking, ma le sorprese non sono finite: scopriamo che la nostra prenotazione era “overbooked”, ovvero dal sito hanno concesso più prenotazioni degli effettivi posti disponibili. Dunque ci siamo indaffarati per cercare subito un altro posto, trovando la Gana’s Guest House dove, sebbene non nel lusso e tantomeno comodità (letto di pietra, bagno muschiato ai limiti dell’umana decenza), abbiamo preso alloggio, perlomeno in una posizione molto comoda per il centro e soprattutto con le moto al riparo nel cortile chiuso a chiave, e uno staff tutto sommato gentile.
Gana’s Guest House 25 dollari a notte, ne prendiamo 2.

Giorno di viaggio 70

15/8/16

Chinchis Khan Square
Giornata dedicata all’esplorazione del centro di Ulaan Bator, senza troppe pretese, ma con in ordine: visita al museo nazionale con la sua bellissima raccolta di reperti storici della storia mongola, tappa alla gigantesca Chinchis Khan Square, troneggiata da una statua del celebre Khan seduto sornione a rimirare i palazzi, ed infine un po’ di shopping di cose per il viaggio e giretto al Naran Tuul Market. 
Detto anche “black market”, è un posto enorme con centinaia di articoli di ogni sorta, dall’abbigliamento tradizionale al contemporaneo, mobili per la casa ma soprattuto per le gher (ovvero mobili in miniatura!). 
Stando attenti ai numerosi borseggiatori si può comunque passeggiare in tranquillità e per chi ha spazio in valigia si può portare a casa qualche souvenir artigianale niente male, come i bellissimi stivali in pelle dei nomadi fatti a mano, peccato non fosse il nostro caso, già carichi come somari sulle nostre moto!
Siamo stati fuori dalle 10 alle 21 camminando tanto sotto un bel cielo solare, mangiando presso l’ottimo Wok’n’roll, che ci ha attratto dal nome, dove abbiamo pranzato con un buonissimo pad thai; “pranzo” per modo di dire dato che erano le 15.30, non ci eravamo accorti di quanto stesse volando la giornata, ma prendendocela con calma e avendo fatto colazione alle 11.30 (in un meno fortunato locale, in apparenza pasticceria, che serviva paste dolci rinsecchite e orrido cappuccino) non ci era venuta fame prima.
La sera ho trascritto il diario nel blog mentre Teo si riparava per l’ennesima volta il materassino con un kit più serio comprato in un negozio di camping. La città era piena di negozi costosi, tra brand occidentali famosi come Adidas, Nike, ma persino i camping store erano di lusso. I ristoranti e i centri commerciali erano all’80% coreani invece, un dato strano.
Il traffico era molto caotico e anche in quello si denotava un certo status economico: tantissimi i suv e i fuoristrada top brand, moltissime le macchine ibride, soprattutto Toyota, tutte importate con la guida a destra come in Giappone, nonostante in Mongolia si guidi come in Europa sulla corsia destra e il volante a sinistra. Insomma, nella capitale la gente non se la passa affatto male.

Tanti anche i giovani e quasi tutti vestiti alla moda, ragazze truccatissime, coi capelli perfetti, il che giustificava la presenza massiccia di parrucchieri e beauty center. E’ stato un tuffo in un altro mondo rispetto alla Mongolia vista fino ad oggi, dove anche le cittadine segnate in mappa non arrivavano a metà della modernità di Ulaan Bator.